STORIE CON MORALE

Belle storie per riflettere

Raccolta di belle storie da raccontare, storie senza tempo, storie con una morale, storie per adulti e bambini...

Un ingegnere fu chiamato a riparare un computer molto grande ed estremamente complesso, un supercomputer del valore di 12 milioni di dollari. Sedutosi di fronte allo schermo, premuti alcuni tasti, annuì, mormorò qualcosa fra sé e sé, poi lo spense. Prese un piccolo cacciavite dalla tasca e girò a metà una piccola vite. Poi accese di nuovo il computer e scoprì che funzionava perfettamente.
Il Presidente della società fu talmente felice che si offrì di pagare il conto sul posto.
"Quanto le devo?" chiese.
"Viene mille dollari" rispose l'ingegnere.
"Mille dollari? Mille dollari per un paio di minuti di lavoro? Mille dollari, per girare una vite? Io so che il mio computer ha un valore di 12 milioni di dollari, ma 1.000 dollari è un importo pazzesco! Pagherò solo se mi invia una fattura dettagliata che giustifichi una cifra del genere".
L'ingegnere annuì e se ne andò.

La mattina dopo il Presidente ricevette la fattura, lesse attentamente, scosse la testa e procedette immediatamente a pagare, senza indugio.
La fattura riportava:

SERVIZI OFFERTI
- Serrare una vite ............................ $ 1
- Sapere quale vite serrare......... $ 999

Morale: si vince per quel che si sa e non solo per quel che si fa.

Un professore, prima di iniziare la sua lezione di filosofia, pose alcuni oggetti davanti a sé, sulla cattedra.

Senza dire nulla, quando la lezione iniziò, prese un grosso barattolo di maionese vuoto e lo riempì con delle palline da golf. Domandò quindi ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di sì.

Allora, il professore rovesciò dentro il barattolo una scatola di sassolini, scuotendolo leggermente. I sassolini occuparono gli spazi fra le palline da golf. Domandò quindi, di nuovo, ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di sì.

Il professore, rovesciò dentro il barattolo una scatola di sabbia. Naturalmente, la sabbia occupò tutti gli spazi liberi. Egli domandò ancora una volta agli studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero con un Sììì unanime.

Il professore tirò fuori da sotto la cattedra due tazze di caffè e le rovesciò dentro il barattolo, riempiendo tutto lo spazio fra i granelli di sabbia. Gli studenti risero! "Ora", disse il professore quando la risata finì, "vorrei che voi consideraste questo barattolo la vostra vita".

"Le palline da golf sono le cose importanti; la vostra famiglia, i vostri figli, la vostra salute, i vostri amici e le cose che vi appassionano; cose che se rimanessero dopo che tutto il resto fosse perduto riempirebbero comunque la vostra esistenza.
I sassolini sono le altre cose che contano, come il vostro lavoro, la vostra casa, l'automobile.
La sabbia è tutto il resto, le piccole cose.
Se metteste nel barattolo per prima la sabbia, non resterebbe spazio per i sassolini e per le palline da golf.
Lo stesso accade per la vita: se usate tutto il vostro tempo e la vostra energia per le piccole cose, non vi potrete mai dedicare alle cose che per voi sono veramente importanti.
Curatevi delle cose che sono fondamentali per la vostra felicità. Giocate con i vostri figli, tenete sotto controllo la vostra salute. Portate il vostro partner a cena fuori. Praticate il vostro sport preferito. Dedicatevi al vostro hobby! C'è sempre tempo per sistemare la casa e per buttare l'immondizia.
Dedicatevi prima di tutto alle palline da golf, le cose che contano sul serio. Definite le vostre priorità, tutto il resto è solo sabbia".


A questo punto, uno studente alzò la mano e chiese che cosa rappresentasse il caffè. Il professore sorrise.
"Sono contento che tu l'abbia chiesto. Serve solo a dimostrare che per quanto possa sembrare piena la tua vita c'è sempre spazio per un caffè con un amico!"

C'era una volta un uomo che non voleva morire. Era un uomo di Isfahan. Una sera quest'uomo vide la Morte che lo aspettava seduta sulla soglia di casa.
"Cosa vuoi da me?" gridò l'uomo.
E la Morte: "Sono venuta a...".

L'uomo non le lasciò completare la frase, saltò su un cavallo veloce e a briglia sciolta fuggì in direzione di Samarcanda. Galoppò due giorni e tre notti, senza fermarsi mai, e all'alba del terzo giorno giunse a Samarcanda. Qui, sicuro che la Morte avesse perso le sue tracce, scese da cavallo e si mise in cerca di un alloggio. Ma quando entrò in camera trovò che la Morte lo aspettava seduta sul letto.

La Morte si alzò, gli andò incontro, gli disse: "Sono felice che tu sia arrivato e in tempo, temevo che ci perdessimo, che tu andassi da un'altra parte o che tu arrivassi in ritardo. A Isfahan non mi lasciasti parlare. Ero venuta a Isfahan per avvisarti che ti davo appuntamento all'alba del terzo giorno nella camera di quest'albergo, qui a Samarcanda". 

Si narra che un giorno un vecchio maestro fosse stanco delle continue lamentele del suo allievo.
Perciò un mattino lo spedì a prendere un po' di sale.
Quando l'allievo tornò, il maestro lo pregò di mescolarne una manciata in un bicchiere d'acqua e di berla.
"Com'è?", domandò il maestro.
"Salata!", rispose l'allievo, facendo una smorfia.
Il maestro rise e invitò il ragazzo a mescolare la stessa manciata di sale nel vicino lago.

I due si recarono in silenzio fino alla riva e dopo che l'allievo ebbe versato la manciata nell'acqua, il maestro disse: "Adesso bevi dal lago".
L'allievo obbedì e di nuovo il maestro domandò: "Com'è?".
"Fresca", rispose l'allievo.
"Hai sentito il sapore del sale?", domandò il maestro.
"No", rispose il giovane.

Quando i due si sedettero insieme, il maestro disse all'allievo: "L'amarezza della vita è, né più e né meno, come il sale puro. La quantitià di amarezza nella vita rimane esattamente la stessa. Tuttavia la quantità di amarezza che avvertiamo dipende dal contesto in cui la proviamo. Se avverti amarezza, dunque, l'unica cosa che puoi fare è ampliare il senso delle cose. Smetti di essere un bicchiere. Sii un lago". 

Un giorno Socrate fu avvicinato da un uomo che gli disse:
« Ti devo raccontare una cosa sul tuo amico ».
« Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, « Hai fatto passare ciò che mi vuoi raccontare attraverso i tre setacci?»
Visto che l'uomo lo guardava perplesso aggiunse: « Prima di parlare bisogna sempre passare quello che si vuole dire attraverso tre setacci. Il primo è quello della verità: hai verificato se è vero? »
« In effetti no, l’ho solo sentito dire da altri.»
« Ma allora l’hai almeno passato al secondo setaccio, quello della bontà? Anche se quello che vuoi raccontare non è del tutto vero, è almeno qualcosa di buono? »
L’uomo esitò e poi rispose: « No, non è una cosa bella, piuttosto il contrario… »
« Mmmm... » Disse Socrate « Vediamo comunque il terzo setaccio: è utile che tu mi racconti questa cosa sul mio amico? Serve a qualcosa? »
« Beh, veramente no! »
« Vedi? », continuò il saggio, « Se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, né buono, né utile, allora preferisco non saperlo e ti consiglio di dimenticarlo ».

Un bambino e suo padre passeggiavano in montagna. Dopo aver inciampato, il bambino cadde e si fece male. Per il dolore urlo: “Ahi! Che male!!!”.
Con sua grande sorpresa il bambino sentì una voce dalle montagne che ripeteva: “Ahi! Che male!!!”.
Incuriosito da questa voce chiese “Chi sei tu?”.
E la risposta fu “Chi sei tu?”
A quel punto, il bambino urlò: “Io ti sento. Chi sei?”
E la voce rispose: “Io ti sento. Chi sei?” .
Infuriato da quella risposta il bambino urlò “Sei uno stupido! Non ti sopporto più. Stai zitto!”.
Come risposta ricevette: Sei uno stupido! Non ti sopporto più. Stai zitto!”.

Allora il bimbo guardò suo padre e gli chiese: “Papà, ma cosa succede? Perché mi risponde male?”.
Il padre gli sorrise e rispose: “Figlio mio, ora stai attento”.

E subito dopo l'uomo gridò: “Tu sei un campione! Ti voglio bene”.
La voce rispose: “Tu sei un campione! Ti voglio bene”.
Il figlio era sorpreso ma non capiva.
Allora il padre gli spiegò: “Figliolo, la gente chiama questo fenomeno ECO, ma in realtà è VITA. La Vita, come un'eco, ti restituisce quello che tu dici o fai. Fai del bene, starai bene, fai del male, starai male dentro di te. La vita non è altro che il riflesso delle nostre azioni”.

Un padre, finita la festa di laurea della propria figlia si congratula:
«Brava: ti sei laureata con il massimo dei voti!
Ecco il tuo regalo: è un’automobile che ho acquistato molti anni fa. Portala al mercato dell'usato per venderla e scopri quanto ti offrono».

La figlia va e dopo poco ritorna dicendo:
«Mi hanno offerto 1.000 Euro perché l’auto è molto logora, consumata dal tempo».

Allora il padre le consiglia di portare l'auto al banco dei pegni.
La figlia va e al ritorno riferisce:
«Mi hanno offerto solo 100 Euro, perché l’auto è molto vecchia».

Il padre dunque le suggerisce di portarla in un club di auto d’epoca.
La figlia porta la macchina al club, poi torna entusiasta dicendo:
«Dal momento che si tratta di un'auto iconica e ricercata da molti, mi hanno offerto 100.000 Euro».

Il padre allora conclude:
«Figlia mia, quando ti senti una nullità, quando pensi di non valere niente e quando tutto ciò che hai intorno tende a sminuirti, non scoraggiarti, non arrabbiarti, vai via! Non fermarti lì, sei nel posto sbagliato. Abbi il coraggio di cambiare e di andare dove vieni apprezzata per ciò che sei. Circondati di persone che ti rispettino e ti sappiano sempre valorizzare!»

Durante l'estate la formica lavorava duramente, mettendosi da parte le provviste per l'inverno. Invece la cicala tutto il giorno non faceva altro che cantare. Arrivò l'inverno e la formica aveva di che nutrirsi, dato che durante l'estate aveva accumulato molto cibo. La cicala cominciò a sentire i morsi della fame, perciò andò dalla formica a chiederle se potesse darle qualcosa da mangiare.
La formica le chiese: «Io ho lavorato duramente per accumulare tutto ciò; tu invece, che cosa hai fatto durante l'estate?»
«Ho cantato» rispose la cicala.
La formica allora esclamò: «E allora adesso balla!»

Morale: chi nulla fa, nulla ottiene.

“Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?”
Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro.  Il Maestro in quel momento non rispose.

Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.
L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica.
Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia.
Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.

Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito” .
“No – rispose il vecchio sorridendo – tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito”. 
“Quando leggi dei libri – continuò il vecchio Maestro – tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume”
“Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.

Un giorno, un asino incontrò una tigre mentre questa era intenta a riposare godendosi la frescura della sera.

L’asino si avvicinò lentamente e, non curandosi del fatto che la tigre stesse tranquilla e spensierata, cominciò a parlarle.

Ad un certo punto, l’asino disse alla tigre: “L’erba è blu”.

La tigre ebbe un sussulto, come se qualcuno l’avesse svegliata dal sonno con una secchiata d’acqua e rispose immediatamente: “No, l’erba è verde!”.

Cominciò quindi un batti e ribatti continuo e la discussione si surriscaldò, i due così decisero di sottoporre la questione al Re della savana: il leone.

Ma ancora prima di arrivare al cospetto del leone seduto sul suo trono, l’asino cominciò a gridare: “Vostra Altezza, vostra Altezza, non è vero che l’erba è blu?”

Il leone rispose con molta fermezza: “E’ vero: l’erba è blu”.

L’asino si avvicinò e continuò: “La tigre non è d’accordo con me e mi dà fastidio, per favore puniscila”.

Il Re allora dichiarò sentenziando: “La tigre sarà punita con 4 anni di silenzio”.

A quel punto l’asino saltò allegramente e proseguì il suo cammino schiamazzando: “L’erba è blu, l’erba é blu, l’erba è blu…”.

La tigre sommessamente accettò la sua punizione, ma prima di andare via chiese al leone: “Sua Maestà perché mi ha punito? Dopo tutto, l’erba è verde”.

Il leone rispose: “In realtà, hai ragione: l’erba è verde”.

Allora la tigre chiese: “Se ho ragione, perché sono stato punita?”

Il leone rispose: “Questo non ha nulla a che vedere con la domanda legata alla possibilità che l’erba possa essere blu o verde. Il fatto inaccettabile, motivo della punizione, è che una creatura coraggiosa e intelligente come te (una tigre) perda tempo a litigare con un asino e venga a disturbare il Re della savana con una simile domanda”.

Morale: è controproducente discutere con i fanatici e gli asini che si preoccupano esclusivamente di far prevalere le proprie convinzioni. Quando l'ignoranza urla, l'intelligenza deve tacere.

Un’antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta.
Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati.
Mentre fuggiva veloce come un fulmine, il leone vide un colibrì che stava volando nella direzione opposta.
“Dove credi di andare?” – chiese il Re della Foresta – “C’è un incendio, dobbiamo scappare!”.
Il colibrì rispose: “Vado al lago per raccogliere acqua nel becco da buttare sull’incendio”.
Il leone sbottò: “Sei impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigantesco con quattro gocce d’acqua!?”
Al che, il colibrì fieramente concluse: “Io faccio la mia parte”

Tanto tempo fa i colori fecero una lite furibonda. Ognuno di loro si proclamava il migliore in assoluto, il più importante, il più utile, il favorito.

Il verde si propose subito come meritevole di ricevere il primato, dicendo:
“Guardatevi intorno, contemplate la natura, osservate le colline, le foreste e le montagne e vi renderete conto come, senza di me, non esista vita. Io sono il colore dell’erba, degli alberi, delle praterie sconfinate. Io rappresento la vita, la primavera e la speranza.”

Il blu lo interruppe:
“Tu sei troppo occupato a guardare la terra, sei troppo preso dalla realtà che ti circonda. Alza un po’ gli occhi verso il cielo, contempla la vastità e la profondità dei mari e lì scoprirai la mia presenza. Io sono il colore della profondità che abbraccia l’universo. E' l'acqua la base della vita. Il cielo dà spazio, pace e serenità, senza di me voi non sareste niente”.

Il giallo rilanciò:
“Siete tutti così seri! Il mondo ha bisogno di luce e di gioia. Io sono il colore che porta il sorriso nel mondo. Del mio colore si vestono il frumento e i girasoli, le stelle della notte e il sole che illumina ogni cosa. Io rappresento l’energia e la gioia.”

Timidamente si fece avanti l’arancione dicendo:
“Del mio colore si vestono le carote, zucche, arance perché, dove sono presente, assicuro vitamine e una vita sana.
Io rappresento il calore e la salute. Io non sono presente tutto il tempo, ma quando riempio il cielo nell'alba e nel tramonto, la mia bellezza è così impressionante che nessuno pensa più ad uno solo di voi...”

Il rosso, a voce alta, non diede il tempo di terminare all’arancione, e sicuro di sè disse:
“Voi, state ancora discutendo su chi sia il più importante? Ma non vi accorgete che io rappresento la vita?
Sono il colore del sangue ed il sangue è vita, il colore del pericolo e del coraggio, dei martiri e degli eroi.
Di me si vestono i papaveri ed i gelsomini; dove sono presente sono il centro dell’attenzione perché rappresento la passione e l’amore!”

Mentre il rosso stava ancora urlando, solenne e regale avanzò il viola:
“Io non ho bisogno di parlare, di propormi o di difendermi. Il mondo mi conosce e quando passo si inchina.
Io rappresento la regalità: del mio colore si vestono i re, i principi e gli uomini di chiesa. Rappresento l’autorità, ciò che è sacro e misterioso!”

Infine l'indaco parlò molto più serenamente degli altri, ma con determinazione disse:
"Pensate a me, io sono il colore del silenzio. Rappresento il pensiero e la riflessione, il crepuscolo e le acque profonde... Voi tutti avete bisogno di me per bilanciare e contrastare, per pregare ed inneggiare alla pace".

E così i colori continuarono a discutere ognuno convinto di essere superiore agli altri. Litigarono sempre più violentemente senza sentire ragioni.

Improvvisamente un lampo squarciò il cielo seguito da un rumore fortissimo. Il tuono e la pioggia che seguì violenta li impaurì a tal punto che si strinsero tutti insieme per confortarsi.

Nel mezzo del clamore la pioggia iniziò a parlare: "Voi sciocchi colori litigate tra di voi e ognuno cerca di dominare gli altri... Non sapete che ognuno di voi è stato fatto per un preciso scopo unico e differente? Tenetevi per mano e venite con me! "
Dopo che fecero pace, si presero tutti per mano. E la pioggia continuò: "D'ora in poi, quando pioverà ognuno di voi si distenderà attraverso il cielo in un grande arco di colori per ricordare che voi vivete tutti in pace".

L' ARCOBALENO è un segno d'amicizia, di speranza e di pace per il domani...

E così quando una buona pioggia lava il mondo e l'arcobaleno appare nel cielo ricordiamoci di apprezzarci l'uno con l'altro e vivere in pace.

FantasticaMenteING di Francesca Martorana
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